“Ci sono nuove sfide, nuove opportunità. L’economia, a differenza delle altre discipline sociali, ha una caratteristica che è quella dalla doppia ermeneutica: i pensieri economici non restano solo astratti, ma tendono a modificare la realtà. Ed è quello che dobbiamo continuare a fare”.

Stefano Zamagni

 

Il bene comune è una visione di benessere e prosperità per le generazioni presenti e future raggiungibile nella misura in cui l’interesse collettivo viene anteposto a quello individuale. C’è una profonda radice di pensiero che dalla dottrina ecclesiastica si estende a macchia d’olio permeando tutti gli aspetti della vita quotidiana di una comunità, come spiega bene proprio Zamagni nel work paper L’etica cattolica e lo spirito del capitalismo 

Non solo la religione, però, riconosce il bene comune come valore fondamentale della vita sociale. L’articolo 3 della nostra Costituzione riporta:

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.
È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

 

Social Business, la visione del premio Nobel Yunus

C’è una dottrina, degli anni ’70, conosciuta con il nome “Social Business”. Il padre di questo movimento divenuto globale è il premio Nobel 2006 Yunus.

Il Social Business è un’impresa sostenibile che opera esclusivamente per raggiungere un determinato obiettivo sociale, non produce perdite e non distribuisce dividendi. Un’azienda che opera nell’ambito del Social Business è mossa da motivazioni altruistiche e gli eventuali profitti sono utilizzati per espandere la portata del business, migliorare il prodotto e/o servizio o creare altri social business per risolvere altri problemi.

Secondo Yunus, l’impresa con finalità sociali è un caso particolare di imprenditorialità sociale ma, proprio per questo, non tutti gli imprenditori socialmente orientati sono impegnati in business sociale. Il Social Business è una forma di iniziativa economica capace di attivare le dinamiche migliori del libero mercato, conciliandole però con l’aspirazione a un mondo più umano e civile. Da un punto di vista più concettuale, il Social Business è un innovativo modello d’impresa che concilia gli obiettivi socio-ambientali tipici del Settore pubblico e delle organizzazioni del Terzo Settore con l’efficienza e la sostenibilità economica di un’impresa tradizionale. A differenza delle risorse investite in progetti d’aiuto, quelle investite in un social business non si esauriscono, ma in un circolo virtuoso, continuano a generare benefici socio-ambientali per la comunità grazie all’auto-sostenibilità economica del modello.

 

Il modello cooperativo

 Il pensiero cooperativo – nella sua accezione moderna – prende l’avvio come reazione alle distorsioni causate dalla “rivoluzione industriale” nell’Inghilterra di fine ’700 con l’aumento delle disuguaglianze sociali e lo sfruttamento dei lavoratori.

Tra i suoi ispiratori, il filantropo inglese Robert Owen (1771-1858). Mentre la prima cooperativa moderna, una cooperativa di consumo, fu costituita ancora in Inghilterra, a Rochdale (un sobborgo di Manchester) nel 1844 ad opera di un gruppo di lavoratori tessili passati alla storia come “i probi pionieri”.

Semplice l’idea alla base: offrire ai soci acquisto di prodotti alimentari ai migliori prezzi di mercato, generando un “utile” che a fine esercizio era distribuito tra i soci stessi. Questo il motto dei probi pionieri: “Lavorare non solo per sé, ma anche per gli altri, risparmiare, guadagnare e accumulare i profitti non per il soddisfacimento dei propri bisogni immediati, ma per quelli della comunità futura”.

L’Italia, con l’art. 45 della Costituzione tutela la funzione sociale della cooperazione:

La Repubblica riconosce la funzione sociale della cooperazione a carattere di mutualità e senza fini di speculazione privata. La legge ne promuove e favorisce l’incremento con i mezzi più idonei e ne assicura, con gli opportuni controlli, il carattere e le finalità. La legge provvede alla tutela e allo sviluppo dell’artigianato.

E l’articolo 41, recentemente modificato, completa il quadro dei valori di riferimento delle cooperative:

L’iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, alla salute, all’ambiente. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali”.

 

La nostra banca è differente.

Nel recente studio Mutualism and credit quality: good practice and good results. The case of Italian Cooperative Credit Banks viene dimostrato come le BCC sono banche locali fortemente orientate al rafforzamento del capitale sociale delle comunità locali in cui operano. Sono caratterizzate da una migliore conoscenza degli agenti economici locali rispetto alle banche più grandi.

Le Bcc sono in definitiva più resilienti. Da una parte esiste una resilienza “intrinseca”. La natura cooperativa rende le banche cooperative di comunità più resistenti agli shock ambientali, finanziari e pandemici rispetto alle banche commerciali.

Dall’altra, si può parlare di una resilienza “attiva” delle cooperative di credito. Questa è elaborata su studi effettuati durante la pandemia da Covid-19 prendendo in esame gli effetti sugli stakeholder con una relazione diretta (dipendenti e clienti), gli interventi effettuati a favore delle economie locali, i prestiti erogati a livello nazionale e internazionale.

Le evidenze prodotte  suggeriscono dunque che “il Credito Cooperativo è differente, più resiliente, ed è capace di aumentare la resilienza degli stakeholders”. Si tratta di un punto di partenza, ha spiegato, Franco Fiordelisi, docente di Economia all’Università “Roma Tre”, per altre analisi future “a partire dall’effetto del Credito Cooperativo sulla povertà”.

Le BCC, dunque si sono mostrate resilienti in periodi di crisi economica e politica. Secondo Barbara CasuDirector of the Centre for Banking Research presso la Bayes Business School di Londra, “le stesse caratteristiche che rendono le BCC diverse sono anche la fonte della loro resilienza”.

Attraverso questo forte radicamento territoriale hanno dimostrato di contribuire in modo positivo all’economia locale, alla riduzione delle diseguaglianze economiche, favorendo l’accesso al credito.

Insieme al Gruppo Bcc Iccrea, abbiamo stilato il codice etico dei valori e della nostra visione di credito cooperativo. Vedi qui il Codice Etico.

 

Fonti

Credito Cooperativo, Grameen Italia, Senato della Repubblica Italiana

 

 

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