“TRAIN THE BRAIN”. PROTOCOLLO PER LA PREVENZIONE CONTRO L’INVECCHIAMENTO DEL CERVELLO

Si chiama “Train the Brain” (Allena il cervello) il progetto ideato dal neurofisiologo Lamberto Maffei, presidente emerito dell’ Accademia nazionale dei Lincei che ha lavorato con la scienziata Rita Levi Montalcini. Il protocollo, applicato e diffuso dalla Fondazione Igea, è stato sperimentato presso gli Istituti di fisiologia clinica e di neuroscienze del CNR in collaborazione con l’Università di Pisa, e i risultati sono stati pubblicati molteplici riviste scientifiche.

Il protocollo “Train the brain” non è invasivo e non prevede impiego di farmaci: si basa sulla plasticità del cervello, ossia la capacità dei circuiti neuronali e delle sinapsi di adattarsi agli stimoli e quindi anche ai cambiamenti causati dalle patologie incipienti o dall’invecchiamento, che possono essere controbilanciati. Per ottenere questo benefico adattamento è necessario stimolare il cervello.

La prima applicazione del protocollo si è svolta dal 2010 al 2014. L’80% dei pazienti che ha partecipato mostra un significativo miglioramento cognitivo – del restante 20% la stragrande maggioranza è stabile e solo due sono peggiorati. I soggetti non sottoposti al trattamento presentano invece, nello stesso arco di tempo, un peggioramento rilevante.

LA CULTURA DELLA PREVENZIONE PER VALUTARE LE SITUAZIONI DI RISCHIO

“E’ importante diffondere la cultura della prevenzione”, ha affermato nel corso dell’incontro il vicepresidente della Fondazione Igea Onlus, Anzidei. “Siamo abituati a fare controlli dall’ortopedico, dall’oculista, dal dermatologo, ma non controlliamo mai il cervello che è l’organo più importante. E’ importante accorgersi prima della situazione di rischio e con un neuropsicologo è possibile fare una valutazione dello stato cognitivo ed individuare qualcosa che non va”.

Il dottor Anzidei ha poi illustrato nello specifico cosa succede al cervello dalla nascita fino all’invecchiamento. “Alla nascita si sviluppano le sinapsi ovvero fili di collegamenti che collegano i neuroni con altri neuroni e poi formano una rete di collegamenti che formano il motore del nostro sistema nervoso. Con la crescita i neuroni diventano nella specie umana circa 100 miliardi nella specie umana e le sinapsi un milione di miliardi. Poi attorno ai 35-40 anni i neuroni diminuiscono e si riduce il nostro livello cognitivo. Il cervello con il passare di altri anni si riduce e diventa meno efficiente e la frequenza di patologie neurodegenerative cominciano verso i 70-75 anni ed ulteriormente ad aggravarsi dopo i 90 anni”.

COSA DOBBIAMO EVITARE PER PREVENIRE QUESTA TENDENZA?

“I fattori di rischio da tenere sotto controllo – ha spiegato il dottore Anzidei – ai fini della prevenzione sono: l’obesità, il fumo, il diabete, l’invecchiamento e la sedentarietà. Il cervello è pigro e quindi se non allenato peggiora. Un altro fattore di rischio è l’inquinamento dell’aria e del suolo che contaminano il nostro sangue”.

LA PIU’ IMPORTANTE MALATTIA DEGENERATIVA: L’ALZHEIMER

“La malattia di Alzheimer inizialmente esordisce con disturbi di memoria, ha spiegato il neurologo Carbone, ma anche con disturbi del linguaggio e con disturbi del comportamento. Ci sono pazienti che purtroppo molto giovani hanno dei cambiamenti improvvisi del carattere e viceversa mantengono le funzioni cognitive abbastanza conservate. Sono campanelli d’allarme per iniziare un percorso diagnostico precocemente possibile per capire se c’è un problema di tipo sistemico”.

La valutazione cognitiva e psicologica dello stato di salute del paziente è centrale nella fase di prevenzione. Di questo aspetto si è soffermata la neuropsicologa Ciani.

“Il colloquio di prevenzione e le valutazioni neuropsicologiche sono test cognitivi che ci permettono di confrontare le prestazioni di un determinato soggetto con la media di riferimento di quella determinata popolazione”, ha spiegato Ciani. “Qualora il paziente fosse in norma ovvero nel range quindi di un invecchiamento normale possiamo intervenire con quella che è proprio la prevenzione primaria e quindi anche con il concetto di riserva cognitiva. Nel caso, invece, in cui invece il soggetto riportasse delle difficoltà a questi test neuropsicologici siamo nel range di deficit che però vanno ulteriormente indagati tramite un approfondimento per accertare le cause”.

“In questo caso, si può pensare di applicare il protocollo “Train the Brain”, ha proseguito la psicologa, con l’allenamento del cervello che richiama uno degli aspetti più affascinanti del cervello, la neuroplasticità; ovvero la capacità del nostro cervello di adattarsi agli stimoli ambientali”.

“La nostra capacità di creare delle nuove connessioni e quindi di avere una buona riserva cognitiva è importante perché ci tutela nel momento in cui un domani dovessimo andare incontro a delle patologie come ad esempio la patologia Alzheimer”.

“Gli hobby, la dieta, le relazioni con gli altri sono fattori preziosi per alimentare la risorse cognitive ed affrontare l’invecchiamento della mente anche nel caso di non patologie, ha poi precisato la dottoressa.

Infine, è stata illustrata dall’esperta la parte riguardante la riabilitazione cognitiva che si concretizza in ambito riabilitativo con esercizi della memoria, del linguaggio ma anche delle emozioni. “C’è una grandissima correlazione tra la memoria e l’emozione. Tendiamo a ricordare gli eventi che sono per noi salienti da un punto di vista emotivo. Come specialisti mettiamo in campo a seconda della tipologia di pazienti tutta una serie di attività che possono andare dalla musicoterapia ai quiz. Stimoliamo un po’ tutte quelle che sono le aree importanti per questo tipo di disturbi, così riusciamo ad avere un paziente che si mantiene stabile nel tempo”.

Nelle conclusioni ampio dibattito è stato riservato alle domande e alle curiosità delle partecipanti, ma essenziale da parte degli esperti è il collegamento che ogni cittadino ha con il proprio medico di base per affrontare in maniera preventiva le malattie degenerative legate all’invecchiamento del cervello e della perdita di memoria. Nella cura del paziente risultano fondamentali anche le figure dei caregiver che sono la colonna portante di un processo di riabilitativo e dunque l’ambiente in cui vivono le persone affette da malattie degenerative del cervello.

 

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Fonte Federcasse

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